Rassegna stampa
10.06.10
Nicola Romualdi, scultore-narratore delle umane vicende (parmaok.it) di Daniela Vecchi
Prima di Nicola ho conosciuto le sue sculture, ero affascinata dalla complessità di emozioni e sentimenti che i suoi personaggi emanano, un misto di forza e intensità coniugata ad una compostezza di forme talvolta quasi apollinea, altre volte solcata da segni profondi e vistosi, testimonianza di un fare pieno di pathos e coinvolgimento.
In queste sculture c’è l’anima di Nicola, un’anima poetica e Romantica, che si nutre di classici e di racconti mitologici, che vuole cogliere le sfumature più celate e sottili dell’interiorità umana ma che cerca la plasticità e la fisicità della creta per esprimerla, quasi un ancoraggio alla Terra, un richiamo ancestrale che gli consente di indagare ed esplorare le infinite sfaccettature dell’essere umano lavorando uno dei materiali più regressivi e ipnotici: la creta, la nuda terra.
Incontrandolo di persona non si direbbe che in quello sguardo mite e schivo si celi tanta forza…
Nicola, come è iniziato il tuo percorso di scultore?
E’ iniziato un po’ per caso, quando avevo 25 anni: mi regalarono un blocchetto di plastilina e provai a modellare. L’esperienza mi piacque ma non era quello il momento, avevo ancora altre cose cui pensare, progetti da realizzare…lo misi in un cassetto e non ci pensai più per vari anni. Un giorno, ripensando a quell’episodio mi tornò forte l’impulso a riprovare e da allora non mi sono più fermato. Dopo un paio d’anni ho fatto la mia prima personale, raccogliendo parecchi consensi e in seguito ho iniziato anche a tenere corsi, presso il Circolo Eos, di cui ora sono socio.
Cosa significa per te la scultura?
La scultura è per me un modo di fare ricerca, di esplorare le pieghe della propria interiorità alla ricerca dell’essenza, di ciò che ci rende unici e irripetibili. Noi siamo un amalgama di esperienze, ogni cosa lascia in noi una traccia che segna il percorso delineato dalla vita, ma non ci dobbiamo identificare in una sola di queste, sarebbe limitante e parziale.
Ecco, per esempio, in gioventù la mia grande passione ero lo sport: prima il motociclismo, poi la montagna, scalate, arrampicate…tutta la mia energia era concentrata in quelle attività che rappresentavano per me un aspetto importante della vita. Successivamente, dopo un momento di crisi, mi sono dedicato allo studio: la letteratura, i classici, il mito mi hanno dischiuso il loro meraviglioso scenario e mi sono imbevuto di quell’acqua che ha suscitato in me riflessioni, il bisogno di approfondire…poi ho sentito impellente il bisogno di dare una forma a tutto questo sentire e ho trovato nella scultura il linguaggio espressivo che più mi rappresenta, che mi permette di raccontare in forma tangibile e osservabile i contenuti del mio cammino di conoscenza. Nelle sculture che realizzo tutte queste parti di me, che hanno punteggiato il mio percorso esistenziale fino ad ora, emergono, trovano una via per uscire e comunicare i loro significati, per offrire la loro chiave di lettura, ma tutte sono riconducibili a me, sono permeate del mio sentire, rappresentano una sorta di filo rosso sul quale si intrecciano le vicende del mio percorso personale, la trama narrativa della vita.
Vedo nelle tue opere in prevalenza volti, soggetti umani…
L’Uomo è al centro delle mie attenzioni, tutto parte e tutto riconduce a lui…mi sento, sono, un Umanista al cento per cento! Occorre partire da ciò che conosciamo, ossia la forma sensibile, ciò che vediamo, per poi avventurarsi a scoprire l’essenza, l’interiorità. E poi scolpire la figura umana mi piace molto, non sono attratto dall’astrazione ma al contrario, è la concretezza della presenza che avvia il processo di ricerca, il mettere in risalto l’uomo inteso come persona, cosi com’è, colto nella sua fatica quotidiana, nel suo affrontare ogni giorno gioie e dolori dell’esistenza…mi viene alla mente il mito di Sisifo: ogni giorno si deve rinnovare lo sforzo per riportare la pietra sulla cima della montagna…mi piace mettere in risalto la dignità, la perseveranza di coloro che nell’accettazione pacata di questo inevitabile destino dipanano la loro esistenza.
Le sculture che realizzo sono la narrazione della mia personale visione del mondo, in cui l’uomo è al contempo autore e protagonista della storia.
Come avviene il tuo processo creativo?
Lavoro preferibilmente in solitudine, direi meglio, in compagnia esclusiva di me stesso! Devo sentirmi libero, non condizionato; lavoro spesso di getto, cogliendo un’idea che magari emerge dalla lettura dei miei testi prediletti…la ricerco, le dò forma modellando e manipolando con energia la creta. In quei momenti sono totalmente concentrato su ciò che faccio, è come se ci fosse un dialogo silenzioso tra me e la creta per portare alla luce quello che si agita in me….“mettere le mani in pasta” è la cosa che più mi dà soddisfazione nell’espressione del mio sentire profondo.
Per quanto riguarda l’aspetto formale, un artista che amo molto è Rodin per il suo modo di trattare la superficie, non troppo levigata, non troppo patinata…impressionista, per l’appunto.
Com’è il tuo rapporto con gli allievi?
Ottimo, sicuramente, di grande soddisfazione. Le mie non sono lezioni tradizionali: con i miei allievi si attiva uno scambio, una reciprocità. Cerco di stimolare in loro il piacere della manipolazione, il lasciarsi andare ad esplorare le loro sensazioni, avviarli alla ricerca di un modo per esprimere se stessi. E i risultati ci sono…ho allievi che mi seguono già da vari anni!